La stecca prealpina - Giorno n.52

Tra tutte le vette che coronano la nostra bella pedemontana, ve n’è una che da secoli, anzi millenni, cela qualcosa di mistico non solo per gli abitanti di Vittorio Veneto. Saranno le acque magiche note ancor prima dei Romani che qui attorno chiamano l’acqua dei ovi, ricca di solfati, sarà la sua forma a gobba di cammello, ideale per creare i punti trigonometrici di congiunzione astrali, tanto che qualche studioso la considera un “telescopio de noantri” fissato sulla stella Antares, fatto sta che fin dai tempi degli antichi veneti ci si saliva a far qualcosa di strano in cima al Monte Altare. E rileggendo gli appunti, si scopre infatti che sulla vetta più ad ovest, quella che le scritture riportano come colle Maledicto, spunta una pietra insolitamente omogenea e arrotondata che gli esperti riportano come opera megalitica né più e né meno di quelle che si ritrovano nel nord Europa e in Sardegna. Un altare dove venivano svolti rituali pagani molto prima di Cristo, nel VI secolo, tant’è che durante gli scavi archeologici effettuati alcuni anni fa vennero alla luce reperti mica di poco conto, come lamine metalliche che venivano appese agli alberi da questi antichissimi nostri predecessori e alcuni bronzetti itifallici. È proprio di questi giorni la notizia che è stata ripulita e resa interamente visibile l’antichissima scalinata dell’accesso orientale al sito, ben 43 gradoni di conglomerato roccioso. Quello che più mi ha incuriosito, è il fatto che questi personaggi partivano probabilmente là dove oggi sorgono le Case Foda e, puntando verso la cima, si fermavano al Prà Liss a far un po' di festa. In sostanza, orge che secondo la loro cultura non erano poi così indecenti. Saranno successivamente i Romani a decretare, con l’editto di Tessalonica e il concilio di Nicea, che tutti i culti pagani dovevano essere proibiti, ecco perché con il cristianesimo la vetta assumerà il nome di Colle Maledicto al posto dell’odierno Altare. Oggi questo monte continua a piacere e richiama la gente a camminare grazie a ben quindici sentierini che si prestano a tutte le gambe. Il Monte Altare è sempre lì che ci guarda dall’alto, con l’inconfondibile croce che dal ‘53 svetta sopra l’antica linea di confine tra Ceneda e Serravalle.

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