Pescador Genaro: il Tortora di casa nostra

Questo capitello, che si incontra salendo sul Passo San Boldo, ha una storia davvero singolare di malagiustizia, come raccontato da Mario Magagnin di Tovena. Pescador Genaro (con una sola “enne”, in dialetto stretto) nacque il 19 settembre 1865. Era un ragazzo povero, che si guadagnava da vivere con lavori umili e pesanti tra le stalle e i boschi di Tovena. Ma la sua esistenza cambiò radicalmente quando fu accusato ingiustamente di un omicidio durante una rissa e condannato a trent’anni di carcere. Come Enzo Tortora (e molti altri casi noti e meno noti di malagiustizia), Genaro visse il peso insostenibile di una colpa mai commessa. In carcere, a Reggio Emilia, scoprì il suo talento per la scultura. Scalpellino autodidatta, iniziò a lavorare la pietra trasformando la sua pena in arte e la sua rabbia in creazioni straordinarie. Le sue sculture di santi, madonne e figure umane non solo gli valsero il rispetto degli altri detenuti, ma gli offrirono un’occasione di riscatto. Liberato con sorprendente anticipo, Genaro tornò a Tovena e iniziò a lasciare segni tangibili del suo talento e della sua resilienza. Tra le sue opere più note spiccano la “testa a due facce” che adornava la fontana del paese (oggi è stata rimpiazzata da una simile opera multifacciale) e il “Capitel de Sant’Antoni” del Passo San Boldo. Ogni opera di Genaro, annerita dal tempo ma ancora viva, racconta la sua lotta per il riscatto.