Praventore, piccola perla tra Brenta e cielo

Il pianoro verdeggiante sorretto da antichi muri a secco che spunta all’improvviso tra le ripidissime pareti che guardano San Nazario in Valbrenta. Una manciata di case, il pozzo, il capitello, una piccola ghiacciaia nella roccia. Praventore si apre dinnanzi al camminatore come un’oasi lungo la mulattiera del Merlo, oggi sentiero CAI n.936. Riporto qui di seguito la testimonianza di Eugenio Campana, esperto di storia locale, che mi ha raccontato qualche curiosità di questo luogo straordinario del Grappa, dimenticato dal mondo. «Al termine di questo nostro peregrinare alla ricerca dei segni della pietà popolare lungo la mulattiera del Merlo, dobbiamo anche ricordare il bel capitello del Praventore che, dopo anni di oblio, è tornato alla sua rustica e austera bellezza, grazie all'intervento di Renato Campana. Nella località, già di proprietà della famiglia "Abo", egli passa molti fine settimana intento a recuperare un ambiente degradato da tanti anni di abbandono. Passando nei pressi, dopo aver goduto della generosa ospitalità di Renato, lo sguardo viene attratto dalla Madonna col Bambino, recentemente dipinta da Paolo Mocellin. Nessun ricordo rimane invece della precedente immagine. Le dimensioni e le caratteristiche del capitello, denotano la presenza a Praventore, nei secoli scorsi, di parecchie famiglie che, non potendo recarsi in chiesa con assiduità, espressero la loro fede con la bella costruzione. Oltre ai prati di proprietà di diverse famiglie, all'incrocio di alcuni sentieri per la Valle delle Ore con la vecchia mulattiera, i numerosi ruderi di costruzioni agricole, ancora visibili, testimoniano la vitalità e la presenza umana in questa zona nei secoli scorsi. Il primo documento che si riferisce a questa località, è una divisione del 1652 tra i fratelli Zuanantonio, Giacomo e Marco Campana fu Zuanne dal Merlo, che comprendeva anche alcuni beni al Praventore. E così, dai primi "Campana", originari abitatori del Colle, la proprietà torna ad una altro "Campana". La storia si ripete».