Non toccate quel mostriciattolo

Osservatela bene: “slimegosa”. Alias, viscido, in italiano, ma non suona altrettanto bene. La salamandra che esce in queste giornate piovose tra i sentieri è “slimegosa”, appunto, e verrebbe voglia di passarci le dita sopra, come da bambini nei buchetti delle prese di corrente, ma qualcosa ci allerta a desistere.

Perché tutto ciò? Questo anfibio affascina da millenni filosofi e insigni scrittori, per loro è l’animale dalla pelle nera che sconfigge il fuoco. Mitologico e leggendario, la sua livrea appare elegantissima dalla sgargiante colorazione giallo nero, sinonimo di pericolo per i predatori che conoscono bene il rischio di intossicarsi.

Per noi umani rimane un illustre mostriciattolo, assai goffo nei movimenti ma pur sempre di alta carica simbolica. Tutte le leggende convergono: guai a toccare.

«Salamandre soll glühen, verschwind in flammen», recitava lo stesso Goethe nel Faust e, sempre a parlar di fuoco, la salamandra fu scelta dagli alchimisti come simbolo della calcinazione, processo antichissimo che impiega l’alta temperatura per produrre, tra l’altro, pigmenti pittorici come il celebre blu egizio, il colore che ha uno spettro così ampio tanto da sconfinare nel campo dell’infrarosso, invisibile all’occhio umano.

Detto tutto questo, quindi, vi sentireste di toccare la salamandra?