Anche il San Boldo ha un easter egg
San Boldo per molti significa solo lunghe attese tra le strette gallerie. Eppure poco prima del semaforo inferiore, sul muro di sostegno, c’è una testa scolpita nella pietra. Invisibile ai più ma non certo al suo autore, Pescador Genaro, nato il 19 settembre 1865 e morto il 19 febbraio 1953, lo stesso di cui avevamo già raccontato l’incredibile storia. Finì in carcere da innocente e quando uscì trasformò la rabbia in arte. A Tovena lasciò molte tracce, tra cui il capitel de Sant’Antoni lungo la salita al passo o la fontana a due teste oggi sostituita da una trifacciale. Questa testa mimetizzata nella roccia è la più ironica, il suo easter egg. Il termine arriva dall’informatica e dai videogiochi, “uovo di Pasqua”, un contenuto nascosto che non serve a nulla ma dà soddisfazione a chi lo trova. Da lì è passato anche nel mondo dell’auto, dove certe case inseriscono piccoli simboli volutamente nascosti, dalla calandra della Jeep incisa su vetri e plastiche, alla Union Jack sugli stop della Mini Cooper fino al martello di Thor nei fari Volvo. Piccoli segni per chi guarda con attenzione. Anche Genaro volle lasciare il suo. Consegnò la scultura agli operai bosniaci impegnati a costruire la Strada dei Cento Giorni durante la Prima guerra mondiale e chiese che fosse murata proprio lì, come una gargoyle di Notre Dame. Qui la pietra non sgronda acqua ma aspetta uno sguardo dai frettolosi automobilisti. Anche il San Boldo ha quindi la sua easter egg, aguzzate la vista e cercatela, col semaforo rosso.