L'ultimo dei cabur
Se n’è andato Mario Magagnin, per tutti “Mattiol”. Un personaggio che aveva il passo della montagna dentro di sé, un uomo che sapeva trasformare la pietra in racconto. Era davvero «l’ultimo dei cabur», quel ragazzotto cresciuto tra prati e malghe attorno al San Boldo, quando l’alpeggio era scuola di vita. Con lui se ne va un testimone prezioso di un mondo che non c’è più, ma che resta inciso nei muri, nelle fontane, nei capitelli, nelle voci del Passo e di Tovena. Lo conobbi qualche tempo fa, scrissi di lui, mi studiò e mi capì con quello sguardo severo ma che traspariva sentimento. Ci sentivamo di tanto in tanto, a parlar di storie tra le crode. Del Troi de l’Ont, Mario ne parlava con orgoglio, più che un sentiero, un filo di unione tra generazioni. E forse ora, in cielo, Mattiol avrà raggiunto quel Pescador Genaro che, come lui, seppe lasciare segni d’arte e di dignità alla sua terra. Mancherà la sua presenza tra i silenzi del Cimone, della Val di Scroa, di Signetta. E di quella Croda del Pravadoff che dall’alto ha visto trascorrere la sua vita.
Ci mancherai, vecio Alpin, nostro patrimonio di montagna.
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foto della mia intervista del 14 dicembre 2024 - alle spalle il suo amato San Boldo